Guido Coletti: Sin da giovanissimo
lavorava alacremente la materia dell’attività paterna,
la pasta del pane, creando una infinità di forme. Poi ha
iniziato a fare i primi lavori cercando di
rendere visibili delle operazioni in atto, delle operazioni ben
riconoscibili, costituite dalla loro pregnante esistenza fisica,
e dal loro attraversamento nel tessuto socio-culturale.
Il suo modo di operare è sempre stato bivalente, fatto
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dal decostruire-costruire e attraversato
dalla ri-utilizzazione, dal ri-farsi; termine quest’ultimo da
intendere come rimettere, ovvero, porre ma in altre condizioni. Intendendo,
in tal senso, indagare, attraverso il segno aniconico, nella complessa
realtà contemporanea che non può essere ricondotta ad
un mero scontro di civiltà poiché ha sicuramente basi
certe nella materia e nel pragmatismo materico. Tutto il suo lavoro,
dunque, ha visibilizzato il linguaggio del “materiale e dell’oggetto”.
Così è il cemento per i “MURI” (di Berlino
1964). I pezzi di motore ed il ferro per “DOVE VAI MAN”
(1967). Nel 1970 la raccolta di poesie “L’ EPOCA DEI BARBARI”...
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