...Dopo lavorava con i nastri adesivi per i “PAESAGGI
ORGANIZZATI” e contemporaneamente con il PVC, e i suoi bastoncini
di saldatura, per “AC-CETTATI CON ONERE” (1974). I SUNSETS
(1974-75).
Dal 1975 al 1977 PAROLE INUTILI. Dal 1977 al 1980 seguirono le “TERRE
BRUCIATE” nate dalla tensione di materiali incompatibili (come incompatibile
è la realtà esistenziale). “SE-DIAMO” uno studio
sulla metafora kafkiana e su dove mettiamo il fondoschiena. Si trattava
di sedie intrise di racconti mediatici, dagherrotipi, con una tecnica
personalizzata. Altro libro di poesie “UNA LACRIMA DI GHIACCIO”,
e poi lunghi viaggi in oriente. Nel 1998 riprendeva a lavorare con la
foglia d’oro, ricoprendo tutto, come gesto estremo di una cultura
statistica e questa fu la serie “ORO PARADIGMA E METAFORA ALLE SOGLIE
DEL TERZO MILLENNIO”. Attualmente lavora con le polveri piriche.
Serie denominata “CON-DOMINIO”, ed è lo sviluppo di
alcuni quadri, già sperimentati nel 1975 come studio. E’
l’utilizzo di un materiale che ha determinato la prima contaminazione
dell’era contemporanea. L’artista utilizza il carbone, lo
zolfo e il salnitro su tele già dipinte per meglio evidenziare
una configurazione filosofeggiante sul preesistente. La polvere pirica
- che fu scoperta in Cina e che veniva usata in primis come cosmetico
- dimostra così tutta la sua capacità “estetizzante
- contaminante”, attraverso abbruciature e violenze che evidenziano
definitivi mutamenti socio-culturali. Dalla definizione di epoca contemporanea
(1492) intere civiltà sono scomparse sotto il suo tragico segno
modellante, ed i “possessori” di questa materia sono sempre
stati degli sconvolgitori esistenziali (anche se detto materiale viene
utilizzato singolarmente) e degli egemoni drammatici. Gli eventi provocati
dalle polveri piriche sono sotto il nostro sguardo, costantemente proposti
attraverso reiterazioni mediali così accelerate che svuotano di
significato e di senso ogni dramma. Tutto viene rimandato ad una deriva
infinita di chiacchiere piene di retoricume politicizzato, ed il tutto,
ben si intende, in confortevoli poltrone piazzate attentamente lontano
dallo svolgimento del dramma…che comodità! Aveva ragione
Elias Canetti (dice l’artista) a sostenere che il dolore lo prova
solo chi lo vive direttamente. La presa di coscienza, dunque, non è
una interrogazione, ma una dimensione; e la dimensione esige concretezza
nell’azione, nelle forme, nei gesti, poiché definisce l’essenza
delle cose. La dimensione si presenta, si esibisce, mostra sé stessa
e la sua realtà. Far vedere qualcosa non è rappresentare
qualche cosa. Questo è ciò che intende con il suo operare,
dato che ha anche il significato di convocare la realtà oggettiva,
nella quale non solo indifferentemente viviamo, ma ancor più tragicamente
coinvolgiamo il futuro. Ci saranno fatti che, con ampia probabilità,
non occuperanno mai spazi come quelli di un quadro segnalatore, che, purtroppo,
appartiene all’area della non risposta. I suoi quadri ora impongono
di guardarci dentro, di indagare tra le ustioni, perché così
saranno più interni, intimi. Andare dentro, ricercare, sia come
luogo che come topos spirituale, senza indugiare, per appropriarsi di
una nuova, ma anche antica etica.
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